Anatocismo e decorrenza del termine di prescrizione

Anatocismo e decorrenza del termine di prescrizioneSempre attuale il tema dell’azione di ripetizione di indebito proposta dai correntisti per la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, specialmente in riferimento a conti correnti datati e in relazione ai quali gli istituti di credito il più delle volte si aggrappano con le unghie alla classica eccezione di prescrizione del diritto in esame. In realtà, è già da tempo che sul tema si è pronunciata la Corte Suprema di Cassazione ed è ormai notorio l’orientamento in base al quale il termine decennale di prescrizione in ordine alla ripetizione dell’indebito de quo inizia a decorrere dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto e non dalla data di annotazione, in conto, di ogni singola posta di interessi. Gli Ermellini, con sentenza depositata il 07/02/20171, hanno confermato tale indirizzo, già ripreso di recente2 dal Palazzaccio, sottolineando come tale problema sia stato affrontato dalle Sezioni Unite3 che ha definitivamente consolidato l’assunto secondo cui “l’azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati. Infatti, nell’anzidetta ipotesi ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacché il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell’esecuzione di una prestazione da parte del solvens con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell’accipiens”.
Necessaria, dunque, per comprendere appieno la massima è la distinzione tra i versamenti posti in essere dal correntista considerati alla stregua di pagamenti solutori, avvenuti in ipotesi di cosiddetto “scoperto” di conto corrente, vale a dire in assenza di affidamento o nel caso di sconfinamento dello stesso, da quelli ripristinatori, tesi a reintegrare la provvista nei conti correnti oggetto di affidamento. Per il primo tipo di versamento, quando costituisca indebito, la prescrizione del diritto alla ripetizione inizia a decorrere da ogni singolo pagamento, mentre nel secondo caso la prescrizione inizia a decorrere soltanto dalla chiusura definitiva del rapporto.
Per i giudici di legittimità, dunque, tutte le volte in cui i versamenti in conto non superino il passivo ed in particolare il limite dell’affidamento concesso al cliente si tratterà di atti ripristinatori della provvista, utilizzabile nuovamente in futuro dal correntista; non costituiscono un pagamento ex art. 2033 c.c. e l’istituto di credito è tenuto a ripetere quanto illegittimamente addebitato se l’azione venga innescata entro i dieci anni dalla chiusura del conto.

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Note   [ + ]

1. Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza n. 3190/2017.
2. Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza n. 10713/2016.
3. Corte di Cassazione, SS UU, sentenza n. 24418/2010.

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