Randagismo, Comune responsabile per le aggressioniMolte volte sentiamo parlare di randagismo e della responsabilità per le aggressioni subite da chi si imbatte in cani senza padrone. A chi spetta risarcire i danni provocati da animali che, non appartenendo ad alcuno, aggrediscono i passanti? Verrebbe inizialmente da pensare ad una responsabilità solidale tra il Comune e l’Azienda sanitaria. È quanto avvenuto a Gela, comune siciliano, ove sia il Tribunale che la Corte di Appello hanno ritenuto che i due enti fossero entrambi responsabili per i danni subiti da una bambina aggredita da cani randagi.
Ricorrendo in Cassazione, però, l’Azienda sanitaria ha ottenuto un ribaltamento dello scenario poc’anzi prospettato. Secondo gli Ermellini1, infatti, “la responsabilità per i danni causati dai cani randagi [spetta] esclusivamente all’ente cui è attribuito dalla legge il compito di prevenire il pericolo specifico per l’incolumità della popolazione connesso al randagismo, e cioè il compito della cattura e della custodia dei cani vaganti o randagi“. Continuano i Giudici del Palazzaccio, sostenendo che “l’attribuzione per legge ad uno o più determinati enti pubblici del compito della cattura e della custodia degli animali vaganti o randagi (e cioè liberi e privi di proprietario) può infatti considerarsi il fondamento della responsabilità per i danni eventualmente arrecati alla popolazione dagli animali suddetti, anche sotto l’aspetto della responsabilità civile. Non può invece ritenersi sufficiente, a tal fine, l’attribuzione di generici compiti di prevenzione del randagismo, e a maggior ragione di semplici compiti di controllo delle nascite della popolazione canina e felina. Tali ultimi competenze, in particolare, non possono ritenersi direttamente riferibili alla prevenzione dello specifico rischio per l’incolumità della popolazione derivante dalla eventuale pericolosità degli animali randagi, e non possono quindi fondare una responsabilità civile per i danni da questi ultimi arrecati, avendo ad oggetto il solo controllo numerico della popolazione canina, a fini di igiene e profilassi e, al più, una solo generica e indiretta prevenzione dei vari inconvenienti legati al randagismo“.
In particolare, a disciplinare la materia è la legge regionale. Nel caso di specie affrontato dalla Corte Suprema la Regione Sicilia ha stabilito2 che “il compito di cattura e di custodia dei randagi nelle apposite strutture è attribuito esclusivamente ai Comuni [mentre] all’Azienda sanitaria sono attribuiti semplici compiti di generale controllo della popolazione canina, ma senza alcuna competenza in relazione alla cattura e alla custodia“. Poiché la legge quadro statale n. 281/1991 non indica direttamente a quale ente spetti il compito di cattura e custodia dei cani randagi, ma rimette alle regioni la regolamentazione concreta della materia, occorre analizzare la normativa regionale, caso per caso. Spetta alla Regione, dunque, determinare in capo a chi gravi l’onere di vigilare e chi debba perciò rispondere per gli eventuali danni provocati da animali vaganti nel territorio comunale.

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Note   [ + ]

1. Cass. Civ., sez III, 18/05/2017, n. 12495.
2. Art. 14, legge della Regione Sicilia del 3 luglio 2000, n. 15.