Molte volte, quando si parla di separazione e tradimento si pensa a una necessaria correlazione tra le due cose, come se la prima dovesse inevitabilmente essere la conseguenza della seconda. In realtà, non è sempre così e la conferma arriva da un recente arresto della Cassazione1 che sottolinea come l’infedeltà non costituisce per forza la causa della rottura tra i coniugi, ma potrebbe rappresentarne l’effetto.
Nel caso in commento, una donna, già appellante senza risultato della sentenza di primo grado, insisteva per l’addebito della separazione al marito a causa di una relazione adulterina intrapresa dallo stesso già a partire dal 2008 e debitamente provata in giudizio. Secondo la Corte territoriale, in realtà, seppur il marito fosse effettivamente fedifrago, era da ritenersi insussistente il nesso eziologico tra la violazione del dovere di fedeltà e la rottura del rapporto, in quanto il matrimonio era da ritenersi in crisi già dal 2004/2005, quando i coniugi avevano cessato di avere rapporti intimi. Tale circostanza ha escluso che l’intollerabilità della convivenza sia derivata dalla relazione extraconiugale che l’uomo aveva intrecciato successivamente con un’altra donna.
Dall’orientamento degli Ermellini, che hanno confermato la sentenza d’appello, si evince, dunque, che il deteriorarsi del rapporto prima di eventuali scappatelle potrebbe portare quale risultato all’addebito della separazione al coniuge fedele, ma che con precedenti comportamenti abbia in qualche modo messo in crisi il rapporto, venendo meno agli obblighi di assistenza materiale o morale nascenti dal rapporto di coniugio.
Ebbene, il dovere di ciascun coniuge di intrattenere una normale attività sessuale con l’altro è espressione dell’obbligo di assistenza morale di cui all’art. 143 del codice civile. Concludendo, la separazione può essere addebitata anche per il persistente rifiuto di intrattenere rapporti sessuali con il consorte.
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Note
1. | ⇧ | Cass. Civ. Sez VI, 08/09/2017, n. 21017 |